La comparsa di questa coltura nel territorio della Brianza orientale risale alla seconda metà dell’ottocento, in seguito alla diffusione della fillossera che ridusse l’estensione delle superfici vitate e della diminuzione della gelsi bachicoltura, a causa dell’introduzione sul mercato industriale delle fibre tessili sintetiche.
La storia, o leggenda che vuol si dica, individua nella figura dell’Abate Antonio Muller (29/12/1821 – 30/11/1891), il soggetto che portò i primi tuberi ad Oreno, che ben si adattarono tra un filare di gelso e l’altro al punto che i campi di patate divennero l’immagine predominante del paesaggio rurale locale.
La coltivazione della patata ad Oreno, come peraltro in moltissime aree nel resto dell’Italia, subì quindi un notevole cambiamento dopo gli anni 50, con l’introduzione di nuove varietà più produttive rispetto alle selezioni locali diffuse a quell’epoca.
Del resto gli obbiettivi primari di in quel momento storico non erano sicuramente la qualità e la sicurezza, la sostenibilità ambientale, temi oggi di grande attualità, ma la produttività, per dare reddito e sfamare una popolazione in crescita.
La coltivazione delle patate avviene praticamente ovunque nelle regioni italiane. Ogni territorio e ogni località conserva e propone prodotti e peculiarità legate al tema delle “vecchie varietà”, con il rischio che molte attività siano più di moda che di sostanza. In Brianza è partito un progetto che lega produttori di montagna e produttori di pianura, di cui vi raccontiamo in queste pagine.